L’origine della chiesa della Madonna di Tagliavia risale al 1896. La cappella fu benedetta il 14 maggio del 1896 da S.E. Mons. Gaetano Quattrocchi. Nel 1933 fu costruita l’attuale chiesa per munificenza della figlia Maria Perticone Triolo e benedetta dall’arciprete Don Antonino Gioia, il 9 maggio 1934.

L’intera fabbrica della chiesa è in pietrame, con uno spessore di 80 cm. Nel prospetto si ammirano due ordini architettonici sovrastanti l’uno all’altro. In entrambi gli ordini si trovano quattro lesene interrotte nel primo ordine da una trabeazione molto semplice, e nel secondo ordine dal timpano di tufo, con al centro il monogramma di Maria. Sopra l’unico portone si trova un piccolo frontone triangolare al di sopra del quale si trova la scritta “AVE MARIA”. Nel secondo ordine si apre una finestra che dà luce all’interno. Sul lato destro della chiesa si erge il campanile costruito nel 1938.

L’interno della chiesa è ad una sola navata, nell’abside, a pianta semicircolare, è collocata sull’altare maggiore l’immagine della Madonna del Rosario, detta di Tagliavia. Si tratta di una tela di cm. 70 per 100 cm., dipinta da G. Russo nel 1939. L’altare maggiore è di marmo bianco con fasce d’ornato di marmo nocciola. Negli ultimi anni grazie al contributo dell‘8×1000 è stato rifatto il pavimento in marmo ed è stato dato un riassetto all’area liturgica: l’altare è stato realizzato in base ai gusti dell’attuale sacerdote, realizzato con marmo proveniente da Custonaci, sopraelevato su di una pedana e raffigura un agnello. Il tabernacolo che vi è al momento è stato restaurato e aggiunto successivamente, è del ’700 e apparteneva alla Madrice. Infatti, dopo la distruzione della stessa, molti pezzi erano stati conservati e Don Salvatore Cipri pensò che fosse un peccato non utilizzarli e decise di valorizzare il tabernacolo dandogli un nuovo posto. Questa decisione non era stata presa precedentemente, in quanto si viveva con la speranza che venisse ricostruita la Madrice. La mensa centrale è in marmo bianco-grigiastro, retta da otto colonne quadrilatere.

La navata presenta due altari laterali incassati nel muro all’interno di un grande arco. Il basamento è in marmo rosso e giallo di Segesta, la mensa in marmo grigio chiaro retta da due colonnine cilindriche. Ciascun altare accoglie un tempietto con frontone aggettante e lesene scanalate in legno ad effetto marmo. Nelle loro nicchie, nel 1938, furono collocate due statue in legno, San Giovanni Bosco nell’altare di sinistra, Santa Teresa del Bambino Gesù nell’altare destra. Lungo tutta la nave della chiesa e nel presbiterio, a due a due si ripetono delle lesene dipinte a marmo come le colonne in tufo che sorreggono la cantoria. Al di sopra di esse corre lungo tutta la nave e l’abside un cornicione. Vicino all’antiporta è collocato il fonte battesimale. Quest’ultimo ha una coppa di marmo giallo ed è sormontato da una lanterna di legno a cupola.

Tra il 1962 e il 1964, con le offerte inviate dagli emigrati vitesi in Canada, la chiesa è stata abbellita, con affreschi riguardanti i misteri del rosario e alcuni episodi della vita di Maria, dal pittore Luigi Maniscalco da Santa Caterina di Villarmosa, incaricato dal parroco Don Onofrio Gucciardi.

Il passare del tempo, gli eventi sismici del 1968, le infiltrazioni d’acqua e le alterazioni naturali avevano da tempo compromesso la bellezza originaria di tali affreschi. Tra il novembre 2005 e il maggio 2006 si è provveduto al restauro delle pitture dell’abside e del catino della volta contando anche sul sostegno dei fedeli vitesi vicini e lontani. L’opera di restauro è stata eseguita dai maestri Parrinello e Galfano che hanno provveduto a suturare le lesioni, effettuare i ritocchi pittorici e quant’altro necessario a ridare splendore agli affreschi.

Il convento e la chiesa dedicati a San Francesco d’Assisi vennero eretti a partire dal 1619 per volontà del barone di Vita Don Vito Sicomo. Il convento venne affidato ai frati minori conventuali che fino alla legge di soppressione degli ordini religiosi del 1866 vi dimorarono.

Il convento e la chiesa dedicati a San Francesco d’Assisi vennero eretti a partire dal 1619 per volontà del barone di Vita Don Vito Sicomo. Il convento venne affidato ai frati minori conventuali che fino alla legge di soppressione degli ordini religiosi del 1866 vi dimorarono. La Chiesa, a navata unica con abside a pianta semicircolare, oggi presenta pochi elementi che ne ricordano le fattezze originarie. A causa del sisma del 1968 l’intera volta della chiesa cadde determinando la distruzione degli altari. Della struttura originaria si conserva solo la facciata con uno splendido portale in tufo con lesene a capitelli corinzi, interrotte nel primo ordine da una timpano con al centro una stella. Il finestrone del secondo ordine presenta una trabeazione con al centro un medaglione con lo stemma dei francescani. L’altare maggiore era dedicato a Maria Santissima Immacolata, mentre due dei sei altari laterali sono dedicati rispettivamente a San Francesco d’Assisi e a Sant’Antonio da Padova. Oggi la Chiesa è sede della parrocchia Madrice San Vito in attesa della ricostruzione dell’ormai demolita Chiesa Madre.

Probabilmente è stata edificata per volere delle corporazioni: contiene la statua di San Giuseppe, patrono dei falegnami, e una tela di Sant’Eligio, patrono degli orafi e dei fabbri, che però al momento non è presente in quanto bisognoso di restauro. La chiesa è in stile neoclassico, con volta a botte è a una sola navata con abside semicircolare . Si compone dell’altare maggiore e di quattro cappelle laterali. I fregi e le colonne sono tipiche del periodo. Nell’altare maggiore originariamente vi era collocata la statua lignea della Madonna del Rosario che adesso si trova in una nicchia laterale, ricavata, dopo il restauro degli eventi post sismici, da una porta di ingresso secondaria scoperta nelle opere di restauro, murata quando la strada principale iniziò ad essere più carrozzabile.

Recentemente, all’esterno, sui resti del portale è stato realizzato in maiolica San Vito e internamente è stata posta momentaneamente la Madonna. La statua originaria del ‘600 ha subìto diversi rimaneggiamenti, pittura su pittura e nei primi del ‘700 è stato aggiunto San Domenico, infatti si nota che la fattura è diversa.
La chiesa con gli eventi sismici del terremoto ha subito svariati danni. La parte frontale venne abbattuta totalmente, perché vi era la preoccupazione che il frontone della chiesa potesse cadere sulla strada. I campanili vennero pure abbattuti, le campane, inizialmente lasciate tra le macerie, vennero poi recuperate con il restauro. Lateralmente, sulla prospetto che dà sulla strada principale, c’era una torre campanaria con un orologio che venne realizzato alla fine dell’800. Nell’opera di restauro è stato realizzato un solo campanile e non due come erano all’inizio. L’altare maggiore è stato totalmente smembrato e in quest’ultimo periodo sono stati portati all’interno di questa Chiesa alcuni pezzi di arredo che erano dell’antica Madrice. Secondo i gusti dei sacerdoti che si sono susseguiti negli ultimi decenni, all’altare maggiore è stato posto il crocifisso; il tabernacolo posto sotto il crocifisso è un antico tabernacolo del ‘600 che apparteneva alla Chiesa Madre, un’opera sicuramente commissionata dal Barone Sicomo, in quanto è raffigurato lo stemma della sua casata sul cassetto alla base. Sicuramente questo tabernacolo inizialmente sarà appartenuto alla cappella di palazzo baronale che aveva una struttura a baglio all’interno del quale vi era una chiesetta. È un’opera lignea, rivestita a foglia d’oro. All’interno del tabernacolo è stato trovato un tessuto molto pregiato di epoca seicentesca, che sicuramente doveva essere il gilet appartenuto al barone Sicomo. Lateralmente, nell’abside, vi sono due altari lignei che originariamente erano uniti e formavano la vara del Crocifisso. Per problemi di trasporto durante la processione, perché era molto alta e pesante, decisero di realizzarne un’altra e questa la segarono a metà e realizzarono questi altari che inizialmente erano in madrice. All’interno vi erano le statue del Sacro Cuore di Gesù e della Madonna di Lourdes. Nello spostarle all’interno di questa chiesa, quest’ultima è stata sostituita con il patrono S. Vito. Negli altari laterali, pregevoli sono le statue di San Giuseppe, risalente al ‘600 e di fattura trapanese (somiglianze con alcuni gruppi dei misteri di trapani) e la statua di San Francesco di Paola, di scuola napoletana che probabilmente risale ai primi del ‘700. Non abbiamo date certe del suo arrivo a Vita, ma sono state trovate molte somiglianze con alcune statue realizzate in quella zone (Regno delle due Sicilie). Gli altri due altari sono dedicati alla Madonna di Trapani, raffigurata in un tela settecentesca probabilmente della scuola del La Bruna, e l’altare che originariamente ospitava la tela di Sant’Eligio e che ora ospita la statua di San Giovanni Battista, originariamente nella Chiesa Madre.